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Harley-Davidson Sportster Iron 1200: la carta d’identità…

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Mito e icona rimangono, mentre lo storico marchio adotta un passo che cambierà la sua tradizionale immagine

L’Harley-Davidson Sportster Iron 1200 MY2018 si presenta apparentemente aderente ai canoni tradizionali (e mitici) della Casa mentre, superato il primo impatto, emerge la volontà di rinnovamento e di contemporaneo allineamento alle nuove tendenze del mercato motociclistico rendendosi così maggiormente fruibile in contesto urbano e strizzando al tempo stesso l’occhio a quella parte di platea femminile sempre più aperta al mondo delle due ruote. 

Stile e design

Questa Sportster Iron 1200 MY2018 è, già al primo sguardo, 100% Harley-Davidson: lo confermano l’aspetto imponente, il motore con gli scarichi sfalsati in primo piano ed una serie di ricercati dettagli stilistici, con evidenti richiami al passato.

Partiamo dal propulsore, vero asse portante di questa moto, che spicca per il Dark Look che conferisce alla moto mistero e un pizzico di tenebra a sottolineare che qui non servono cromature per attirare lo sguardo.

Molto interessanti le grafiche stile anni ‘70 sul serbatoio, che in Italia fecero capolino su alcune Cagiva 125 cc, che non ebbero troppa fortuna, ma che gli appassionati senz’altro ricordano perché presenti sui modelli H-D da competizione.

Bello, anche se un po’ scomodo, il sellino monoposto in stile Cafè Racer, che ben si raccorda con il serbatoio a goccia, dando alla vista di fianco una sinuosità che potrebbe essere gradita alle signore.

Molto belli e pratici, infine, i cerchi in lega a nove razze. 

Tecnica

Questa Sportster monta, come tradizione comanda, un motore bicilindrico a V da 1.202 cc della serie «Evolution», raffreddato ad aria ed abbinato ad un cambio a 5 marce non sempre morbido da gestire; pregevole l’adozione di una iniezione elettronica sequenziale (ESPFI) in grado di generare una coppia di 96 Nm.

Il telaio, tradizionalmente a sezione tubolare, è provvisto di serbatoio a goccia della capienza di 12,5 litri; i cerchi sono da 19” anteriormente e da 16” posteriormente, soluzione che comporta l’adozione di un pneumatico di maggiore altezza. I freni sono dei mono disco su entrambe le ruote, con pinze a due pistoncini e sistema ABS, sospensioni anteriori con forcella a 2 steli non regolabili, e posteriori regolabili ad olio con molla, mentre la trasmissione è a cinghia.

Il peso, contenuto in 248 kg, e l’altezza da terra della sella di soli 73,5 cm, influenzano positivamente sia guidabilità della moto in marcia e sia l’esecuzione di manovre da fermo, da sempre fonte di preoccupazione per tutti i possessori di moto H-D.

La strumentazione è ridotta all’essenziale e la presenza del solo contachilometri arricchito da un display può essere motivo di fascino, ovviamente retrò; comunque, tramite un selettore al manubrio, si accede ad alcune informazioni essenziali quali chilometri percorsi, marcia inserita, contagiri e poco altro.

Per gli standard attuali, e per il prezzo di acquisto, ci si potrebbe attendere qualcosa in più, tipo un contagiri analogico, un indicatore di livello del carburante che su questa moto è sostituito dalla sola spia della riserva, insomma altri indicatori utili.

Su strada 

Finalmente in sella, affrontiamo subito il traffico di Roma e dintorni; già nella marcia di avvicinamento – effettuata tramite Grande Raccordo Anulare – emergono le prime indicazioni circa i comportamento della moto: le prestazioni velocistiche non sono esaltanti, mentre la coppia è semplicemente poderosa, disponibile com’è sin dai bassissimi regimi. Prima di assuefarsi sorprende e questo richiede un po’ di esperienza; probabilmente il montaggio di un sistema di controllo della trazione sarebbe consigliabile.

Comunque, una volta abituati, questa coppia ci consente di scivolare via nel traffico senza troppi problemi, dribblando le file con estrema facilità, grazie ad una ciclistica pregevole ed ai pesi contenuti, ma ci permette anche di notare la rigidità delle sospensioni e la poco consistenza della sella e per fortuna che il pneumatico posteriore svolge una funzione ammortizzante…

Ogni buca, od asperità dell’asfalto, si trasmette in maniera diretta ed amplificata alla colonna vertebrale del guidatore, causando a lungo andare un indolenzimento generale; altro fattore opinabile è l’impossibilità, quando si è in marcia, di azionare il pulsante al manubrio per leggere le informazioni disponibili sul piccolo display del contachilometri.

Una volta in autostrada, terreno in cui le Harley-Davidson hanno fatto la storia, constatiamo che, se la scarsa protezione dall’aria è cosa normalissima per una H-D, è la posizione di guida a creare qualche  problema nelle lunghe percorrenze a causa della rigidità complessiva della moto, della sella non proprio comoda, della posizione intermedia delle pedane ed infine della mancanza di un cruise control.

Dopo oltre un centinaio di chilometri di autostrada siamo usciti per percorrere un tratto della SS 71 Umbro Casentinese, che corre a cavallo tra Lazio ed Umbria; un tratto costituito da curve, tornanti e paesaggi meravigliosi, dove, finalmente, è emerso un lato nascosto, ma piacevole, della Sportster Iron.

Contrariamente a quanto ci si attende da una moto di tale importante aspetto, la guida su un percorso tutt’altro che apparentemente consono ci ha riservato piaceri e sensazioni assolutamente inattesi; eccezion fatta per qualche piccolo impuntamento del cambio con le marce più basse (che non ha mai causato problemi di guida), la moto si è comportata benissimo. Fluida, agile, scattante e reattiva, la Sportster Iron 1200 ha risposto, su questo tipo di strada, ad ogni sollecitazione del pilota. Percorrere in modo sostenuto tratti di misto veloce, così come dare gas in uscita dai tornanti, si è rivelato molto piacevole grazie alla prontezza della coppia motrice.

Stesse positive valutazioni anche per la frenata, fase delicata in cui la moto si è sempre comportata benissimo, coadiuvata dal potente freno motore, con inserimenti in curva sempre precisi e ben modulati, e senza che mai si sentisse la necessità di un’assistenza alla frenata da parte dell’ABS di cui la moto è dotata di serie.

Pur non essendo adatta alla guida sportiva, le sensazioni che trasmette sono tutt’altro che disprezzabili; seguendo poi il percorso stradale, abbiamo ampliato il test percorrendo le strade di una città medievale come Orvieto, fatte per lo più di selciati e sconnessioni che ci hanno fatto apprezzare ancora una volta la maneggevolezza della moto alle basse velocità, pur subendo la scarsa comodità della moto su questo tipo di fondo.

Sulla strada del ritorno, come poi in città, abbiamo incontrato pioggia battente, situazione che ha fatto emergere alcune criticità dovute alla difficoltà di parzializzare efficacemente l’acceleratore proprio a causa della disponibilità di coppia fin dai più bassi regimi e della mancanza di un sistema di controllo della trazione. 

Accessori e prezzi 

La Sportster Iron 1200 del test drive (colore Vivid Black, antifurto ed ABS di serie) con equipaggiamento standard costa di listino 11.500 Euro. Un prezzo tutto sommato accettabile per una H-D, nonostante la carenza di supporti tecnologici moderni tanto in uso sulle altre moto di scuola giapponese, tedesca o italiana. Ovviamente questa icona americana la si può personalizzare come si desidera attingendo, come nella migliore tradizione Harley-Davidson, dall’ampio catalogo di accessori originali.

[ Sandro Trucca ]

 

I NOSTRI VOTI
Linea e design
81 %
Cruscotto e comandi
63 %
Posizione di guida
65 %
Protezione aerodinamica
56 %
Comfort
62 %
Motore
86 %
Ripresa
91 %
Cambio
75 %
Frenata
71 %
Ciclistica e sospensioni
65 %
Tenuta di strada
71 %
Impianto elettrico
70 %
Controlli elettronici
60 %
Dotazioni
56 %
Consumi
75 %
Qualità prezzo
70 %
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